La Commissione europea ha calcolato che l’evasione fiscale dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) effettuata da aziende che vendono in rete, con vetrine su marketplace grandi e piccoli (da cui sono indipendenti), costa agli Stati membri circa 5 miliardi di euro di mancati incassi. Nel 2020 potrebbero diventare 7 miliardi. Evasori di professione, importazioni invisibili al fisco, cartiere e società di comodo sfruttano le falle nei controlli, soprattutto sugli scambi transfrontalieri. Bruxelles ha acceso un faro sulle frodi anti-Iva, ma le contromisure rischiano di fare acqua già prima di essere varate.
La Commissione europea ha calcolato che l’evasione fiscale dell’imposta sul valore aggiunto (Iva) effettuata da aziende che vendono in rete, con vetrine su marketplace grandi e piccoli (da cui sono indipendenti), costa agli Stati membri circa 5 miliardi di euro di mancati incassi. Nel 2020 potrebbero diventare 7 miliardi. Evasori di professione, importazioni invisibili al fisco, cartiere e società di comodo sfruttano le falle nei controlli, soprattutto sugli scambi transfrontalieri. Bruxelles ha acceso un faro sulle frodi anti-Iva, ma le contromisure rischiano di fare acqua già prima di essere varate.
La nostra storia inizia dalla segnalazione di un’azienda di Milano che vende elettronica online e ha chiesto di rimanere anonima pur di fornire informazioni per questo articolo. Dopo aver comprato da due venditori terzi su Amazon dispositivi per smartphone, la società scopre che le fatture che ha ricevuto sono carta straccia. Il copione è lo stesso: prezzi buoni, ottime recensioni ma documenti fasulli. Mancano alcuni dettagli fondamentali: la partita Iva e il calcolo dell’imposta. I due venditori, una società cinese e una americana, hanno sì una partita Iva europea (la prima registrata in Italia, la seconda in Germania), ma sulle fatture la omettono. E la prima società su Amazon dichiara di avere sede a Napoli, mentre sulla fattura usa l’indirizzo di Shenzhen, metropoli del sud della Cina.
La fonte di Wired ha richiesto ai venditori le fatture corrette, senza successo. E nonostante abbia segnalato ad Amazon il fatto, i due account sono ancora al loro posto. Le piattaforme di ecommerce sono caute in questi casi e senza una denuncia alle forze dell’ordine, non staccano la spina ai negozi sospetti. Nel 2017, a un’indagine del dipartimento responsabile per la riscossione delle tasse nel Regno Unito, Her Majesty’s revenue and customs (Hmrc), proprio sull’evasione dell’Iva nell’ecommerce, Amazon ed Ebay hanno risposto che ritengono l’ignoranza delle leggi una delle cause principali. I venditori, insomma, sarebbero vittime delle complesse norme fiscali e dalle specificità locali.
Per i governi, invece, l’evasione online è opera di venditori senza scrupoli. Fonti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) confermano a Wired che molte autorità fiscali internazionali sono preoccupate dagli effetti dell’evasione dell’Iva nelle transazioni dell’ecommerce. L’organizzazione sta scrivendo linee guida di difesa, che, secondo quanto risulta a Wired, dovrebbero essere pronte nei primi mesi del 2019.
Vendite borderline
Fonti dell’Ocse spiegano che sono due le principali tecniche di elusione online. La prima è di indicare sulla carta un prezzo più basso di quello reale, sotto la soglia di esenzione Iva. Per gli operatori extra-Ue che vendono a consumatori del vecchio continente è di 22 euro. Quindi se un prodotto che vale 30 euro, è offerto a 15 euro, il venditore malintenzionato salta a pie’ pari Iva e imposte doganali. Il secondo trucco consiste nell’importare grandi masse di merce nascondendo i prodotti di maggior valore. Per esempio, tablet o macchine fotografiche. Già stoccati in un magazzino sul mercato finale, possono essere venduti online senza applicare l’Iva. E consegnati velocemente, prima che arrivino i controlli.
Per gli esperti dell’Ocse il problema non può che aggravarsi. Nel 2021 calcolano che l’ecommerce al dettaglio muoverà 4.500 miliardi di dollari. E di questi, il 25% arriverà da scambi transfrontalieri. Gli stati devono correre ai ripari.